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La laccatura del mobile

Recentemente ci è capitato di restaurare un armadio e un comò in stile veneziano. Ne approfittiamo per una piccola divagazione sul tema della laccatura, una tecnica molto antica di origine orientale che fece la gloria degli ebanisti europei del Settecento, e che ancora utilizziamo noi stesse oggi nel nostro lavoro di decoratrici.

Per lacca si intende un prodotto composto da gomma e da resina, ottenuto da un parassita che deposita sull’albero Rhus vernicifera delle placche rosse spesse un centimetro. Il ricavato del procedimento di raschiatura della gommaresina unita a olio di semi veniva usato in Oriente (specialmente in Cina e Giappone) dapprima per proteggere mobili e oggetti deperibili, per poi diventare una vera e propria tecnica artistica e decorativa. 

Fin dal Cinquecento mercanti portoghesi e olandesi appresero dai missionari cattolici dell’esistenza di questo raffinatissimo procedimento di conservazione e decorazione del mobile. A lungo si cercò di strappare ai cinesi il segreto della loro ricetta. Francesco Carletti di Firenze racconta di mobili cinesi visti durante un viaggio in India (1599) nel palazzo del governatore di Goar: “il tutto indorato e rabescato bizzarramente sopra una vernice nera composta di una materia che si cava dalla scorza di un albero…”. Finché nel Seicento grazie alla Compagnia delle Indie, le lacche furono importate e si diffusero molto in Europa, e divennero insieme alle porcellane uno dei manufatti di lusso più apprezzati nei palazzi principeschi. 

Notizie sui procedimenti orientali si hanno grazie al libro “Mémoires sur le vernis de la Chine” del gesuita francese Padre di Incarville, della metà del XVIII secolo. Qui si dice che per realizzare le laccature più complesse e raffinate gli artigiani procedevano in un laboratorio totalmente isolato e al riparo da polvere, con abiti pulitissimi e che finivano le ultime fasi addirittura sopra uno specchio d’acqua per evitare qualsiasi tipo di contaminazione.

Siccome la tecnica della laccatura orientale richiedeva tempi lunghissimi (a volte erano necessari moltissimi anni per produrre un solo mobile) e procedimenti molto elaborati, la disponibilità del prodotto divenne molto scarsa rispetto alla crescente richiesta europea. Di fronte ai prezzi elevati e alla difficoltà di imitare questa tecnica che restava ancora in parte misteriosa, si cercò in Francia, in Italia e altrove in Europa, di sperimentare laccature che si avvicinassero il più possibile a quelle dei laccatori d’Oriente. Le lacche europee erano preparate a base di gesso e colla e risultavano spesso quindi molto meno dure di quelle orientali. 

La ricetta che predominò presso i laccatori europei fu quella secondo l’eremita agostiniano Eustacchio Jannard (“prendere della gommalacca molto pura, metterla in un vaso di vetro, coprirla fino a 4 dita di buon spirito di vino, tapparla, e metterla al sole per 3 o 4 giorni… quando la gomma è sciolta la si passa per una tela e la si mette a riposare per un giorno, dopo di chè la vernice è fatta. Si prende la parte superiore che galleggia spandendola leggermente con pennello su legno…e ciò per più volte, facendo attenzione a lasciar seccare uno strato prima di dare il successivo”).

Gli anni che intercorrono tra la fine del Seicento e gli anni ’70 del Settecento è il periodo di maggiore diffusione della laccatura in Europa, secondo una tecnica che preferiva l’olio di lino cotto come solvente piuttosto che l’alcol. Spesso si mischiavano alla vernice così ottenuta, albume d’uovo, bitume, ambra o mastice. Un’altra importante pubblicazione sul tema è il “Trattatato sopra la vernice detta comunemente cinese” del gesuita Filippo Bonanni (1628 -1725). 

Nel settecento i mobilieri veneziani, che probabilmente impararono la laccatura dai francesi, svilupparono nell’ebanisteria una tecnica e uno stile decorativo molto raffinati. A Venezia oltre alla gommalacca, talvolta si utilizzava la più economica sandracca, estratta da una conifera africana, che aveva una tipica colorazione color giallo paglierino. La tecnica di decorazione dei mobili rococò veneziani prevedeva di preparare il fondo del mobile (spesso in legno di cirmolo) con strati di gesso e colla per rendere la superficie omogenea; in seguito si procedeva con la decorazione a tempera, caratterizzata da colorazioni brillanti  (azzurro, giallo, rosso, verde), con cui venivano realizzati disegni a chinoiserie. Infine si procedeva con le dorature e appunto la laccatura, che con la sua tinta paglierino scaldava in modo caratteristico i colori delle luminose tempere sottostanti.

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