Un’utopia artistica nella Londra di Virginia Wolf
Ogni tanto cercando sul web si fanno scoperte emozionanti come quella del mitico Omega workshop, di cui vogliamo parlarvi oggi.
Siamo a Londra all’inizio inizio Novecento, precisamente nell’estate del 1913 a Fitzroy Square. Un gruppo di giovani artisti d’avanguardia, tra cui la pittrice Vanessa Bell, sorella di Virginia Wolf, si mettono a lavorare insieme in un laboratorio artigianale per creare mobili e arredi in stile moderno.
L’Omega workshop era un vero e proprio atelier, non tanto diverso dal nostro, probabilmente più grande e attrezzato, dove furono impiegati i migliori artisti londinesi dell’inizio del secolo scorso, per creare lavori ispirati all’arte contemporanea europea.
Artefice di questa avventura culturale e imprenditoriale fu in particolare Roger Fry, pittore, critico d’arte e studioso di arte italiana antica, che nel 1906 era diventato curatore del dipartimento di pittura al Moma di New York. Fry, per inciso, era legato da un rapporto di amicizia sia con il famoso economista John Maynard Keynes che con il magnate Samuel Courtauld a cui si deve la fondazione del Courtauld Institute of Art nel 1932, e consigliò entrambi nella creazione delle loro collezioni d’arte.
A Roger Fry si deve il rinnovamento del gusto inglese all’inizio del Novecento, ancora legato al ridondante stile vittoriano e eduardiano, e l’introduzione dell’avanguardia francese in Inghilterra, che proprio Fry definì per primo come “post-impressionista”.
Nel 1910 infatti, Fry organizzò a Londra una mostra di pittori francesi che includeva Gaugin, Van Gogh, Cézanne, Seurat, Signac, Redon, Denis, Vallotton, Rouault, Derain, Matisse e Picasso. La mostra fece molto scalpore, perché il pubblico inglese reagì con ostilità a ciò che percepiva come una produzione artistica offensiva, anarchica e infantile.
Ma i giovani artisti del gruppo Bloomsbury trovarono invece la mostra interessante, rinfrescante e innovativa. Essi convenivano con Fry che l’arte moderna doveva rinunciare al principio di imitazione della natura e alla stupida serietà vittoriana in favore di un approccio decorativo e gioioso.
Così, Fry fondò un atelier creativo che doveva modernizzare lo stile dell’arte inglese attraverso la promozione del lavoro dei suoi amici artisti del Blooomsbury Group, Vanessa Bell, Duncan Grant, Wyndham Lewis, Frederick Etchells, Henri Gaudier-Brzeska and Winifred Gill, che potevano sostentarsi con uno stipendio mensile attraverso la produzione di mobili e oggetti d’arredamento firmati sotto il nome collettivo di Omega. Tra i clienti più celebri si annoverarono Virginia Wolf, George Bernard Shaw, W. B. Yeats, e Gertude Stein.
Lo stile delle produzioni, da pezzi in ceramica, a tappeti e tessuti d’arredo, fino ad abiti da indossare, era un mix tra Fauvismo francese, cubismo, post-impressionismo e art déco.
Vanessa Bell fu di grande ispirazione per il progetto imprenditoriale di Fry; come lui, Vanessa era convinta che il gusto nelle arti decorative inglese doveva assolutamente essere rinnovato, sostituendo i fitti e cupi pattern del gusto vittoriano con un design più fresco, coraggioso e semplice. Essendo mamma di due bambini piccoli, Vanessa sosteneva la necessità di vivere in ambienti più semplici e pratici, magari meno eleganti ma anche meno soffocanti.
Sebbene esteticamente distante dal movimento Art and Craft di William Morris, proprio come Morris, Roger Fry era convinto che gli oggetti prodotti dalle macchine soffrissero di una mancanza di umanità, di verità e di vita.
Nel catalogo dei mobili prodotti dall’Omega Workshop, Fry esaltava infatti la gioia creativa provata dagli artisti nel realizzarli più che la precisione e la perizia nella finitura. La sua concezione di design era ispirata alla spontaneità primitiva, anche a discapito della funzionalità e della perfezione tecnica.
In verità questo approccio fu probabilmente una delle cause del fallimento economico del progetto. Gli interni progettati dal gruppo rischiavano di sembrare caotici e poco pratici, e gli oggetti caratterizzati da una qualità amatoriale.
Il colpo di grazia al progetto lo diede l’inizio della guerra, calarono i clienti, gli artisti si dispersero, alcuni andarono al fronte. Bell e Grant, obiettori e pacifisti, si trasferirono prima in Suffolk, poi nel 1916, in una casa di campagna a Charleston in Sussex.
La casa di Charleston, oggi sede di un museo, è dipinta Vanessa Bell e Grant su ogni superficie disponibile, dai muri, alle porte, ai camini, agli arredi. Punto di incontro di tanti artisti, scrittori e pensatori radicali del Novecento, questa casa-museo è essa stessa un’opera d’arte.
Osservando le immagini di questa casa di campagna pare di sentire ancora le conversazioni amichevoli e intellettuali tra coloro che la abitarono, colpisce la bellezza e la spontaneità di certe realizzazioni, commuove la parabola degli artisti dell’Omega Workshop che cercarono di realizzare un difficile compromesso tra libertà espressiva, innovazione artistica e sostenibilità economica.
L’esperienza di Omega, un esperimento nel quale uomini e donne come noi, con le loro vicende amorose e personali, le loro famiglie, sullo sfondo della prima guerra mondiale, diedero vita a una bellissima utopia, è oggi più viva che mai.
Omega è un’ispirazione presente nel lavoro di tanti affermati artisti inglesi contemporanei, primo tra tutti, a mio parere, in quello del giovane e talentuoso designer Luke Edward Hall.